domenica 4 maggio 2014

Partnership al progetto_2

Occhio del riciclone

Occhio del riciclone” , nata nel 2003, è oggi un'organizzazione che comprende una cooperativa e un gruppo di associazioni regionali, che lavorano in vari campi: ricerca e comunicazione, moda e design, educazione e animazione ambientali, creazione di reti a favore del riutilizzo su scala e inclusione sociale. Comprende anche un Centro di Ricerca che si distingue per l’ideazione e la progettazione di modelli di Gestione dei Rifiuti che integrano le Economie Popolari. Fa parte della cooperativa anche l'attività del Laboratorio di Moda sostenibile, che progetta capi e accessori a partire da scarti tessili e di altra natura, e che lavora in sinergia con altre cooperative sociali e laboratori artigianali romani. Frutto di questa esperienza è la linea “Belt Bag”, che trasforma vecchie cinture di sicurezza, banner pubblicitari e altri materiali post consumo in borse e accessori. L'associazione, inoltre, mette in atto un'opera di divulgazione e educazione al riuso creativo, con laboratori nelle scuole, corsi di riuso sartoriale per adulti e laboratori manuali e creativi.


Intervista a Francesca Patania, Presidente di Occhio del Riciclone Soc. Coop. Arl, e Carla, architetto socia della Cooperativa

B: Come descriverebbe i principi e l'operato della sua associazione?
F: “Occhio del Riciclone” ad oggi è formata da due strutture: l'associazione culturale e la cooperativa Occhio del Riciclone Italia ONLUS, della quale mi occupo. Lo scopo della nostra attività è il riuso creativo nell'ambito dell'arte e della moda, creando prodotti che siano ecosostenibili e totalmente lavorati a Roma, quindi frutto del “made in Italy”. Facciamo parte di una filiera di produzione, lavorando in una rete con altre cooperative, cercando così di mettere a sistema il lavoro e le competenze di soggetti diversi. Attualmente è in corso un progetto rivolto a persone con disagio psichico che già lavorano nei centri diurni delle ASL ma che non hanno particolari abilità progettuali. Il nostro obiettivo è quello di formarli, in modo da innalzare il livello di design, creando occupazione attraverso un lavoro che sia utile sia dal punto di vista sociale che ambientale, e dando dignità a persone con disagio, facendo in modo che il prodotto del loro lavoro venga acquistato principalmente perchè è bello e ben fatto, e non per beneficienza. In questo modo si può aspirare a una doppia integrazione: quella del materiale di scarto, che viene reintegrato nel processo produttivo e economico, e quella delle persone disagiate nel mondo del lavoro.

B: Dove svolgete la vostra attività?
C: La sede dell'organizzazione si trova a Cinecittà, ma lavoriamo anche in laboratori esterni, come quelli delle ASL. I Laboratori non si svolgono in strutture nate appositamente per l'attività dell'associazione ma in locali che ci ha dato il Comune.

B: E' un'attività economicamente redditizia? Avete incontrato difficoltà o diffidenze?
F: Sicuramente oggi possiamo dire di sopravvivere. Bisogna avere una mentalità imprenditoriale, bisogna capire che non si guadagna subito, che all'inizio si lavora come apprendistato ma che poi, con l'attività avviata, ci sono contratti regolari. Le diffidenze e le persone contrarie si incontrano sempre, ma bisogna andare oltre per avere delle soddisfazioni.

B: Quante e quali professionalità lavorano nei vostri laboratori?
F: Internamente ai laboratori lavorano 4-5 persone che si alternano, con turni di 4 ore al giorno. Poi servono 1-2 persone che gestiscono il sito, che si occupano dei flussi commerciali, del conto bancario, delle tasse, della contabilità, e poi ci sono esperti di marketing e progettisti del prodotto.

B: Quali ambienti dovrebbero esserci in un centro di riciclo tessile?
C: Sicuramente dei Laboratori di sartoria, il magazzino delle stoffe, l'aula per il taglio, quella con i macchinari, quella per il confezionamento dei prodotti finiti, la stanza per la progettazione, la stireria, e poi aree ristoro, spazi aggregativi, ecc.

B: Che tipo di spazio dovrebbe essere quello dei Laboratori?
F: Prima di tutto, per un lavoro che sia sostenibile, è meglio avere più laboratori piccoli piuttosto che uno grande e alienante. In un laboratorio, di circa 80 mq, dovrebbero esserci 5 macchine da cucire, una per ogni lavoratore, 1 ferro da stiro, 1 grande tavolo da lavoro e scaffali. Gli spazi devono essere adeguati per l'uso dei macchinari e devono avere grandi finestre per far entrare la luce del sole. I soffitti dovrebbero essere alti, anche per permettere di appendere e stendere le produzioni.

B: Come è organizzato il lavoro nella sartoria?
F: Beh, c'è la sarta principale che fa i cartamodelli, poi ci sono le sarte subordinate e le apprendiste, che si occupano della cucitura, dei tagli semplici, delle pulizie. Se prevedi anche un negozio, devi considerare anche il personale che vi fa dei turni, chi ne porta la contabilità (questo serve anche per i singoli laboratori, in realtà).

B: Quali altri ambienti servirebbero nel Centro?
F: Sicuramente gli uffici: quello per il marketing, per la gestione della struttura, la segreteria, l'accoglienza. Puoi pensarli di circa 25 mq. Poi devi considerare più o meno 200 mq di magazzino, anche senza illuminazione diretta e con scaffalature per lo stockaggio sia delle materie prime, prese da aziende che producono scarti, che della merce prodotta finita, da vendere. Se fa parte del tuo programma, poi, devi considerare anche circa 100 mq di negozio.

B: Che tipo di spazi ricreativi immagina?
F: Beh, ci sarebbe bisogno di una mensa, di sale ricreative come, ad esempio, una sala informazione con giornali e quotidiani; una libreria o una biblioteca, con, magari, un archivio e libri usati, in modo da fare un recupero totale. Secondo me sarebbe molto utile anche una palestra, perchè quello della sartoria è un lavoro fisicamente usurante, soprattutto per persone disabili, già molto deboli e fragili.

B: Se avesse la possibilità investirebbe in un progetto del genere?

F: Nel tuo? Ma magari!

Partnership al progetto_1

Cooperativa Oltre

Oltre” è una cooperativa nata nel 1992, con l'intento di migliorare la qualità della vita di persone con disabilità, con iniziative creative e partecipative che assecondino le diverse personalità, necessità e inclinazioni, in collaborazione anche con istituzioni, famiglie e altre associazioni.Il modello di lavoro è quello creativo, orientato alla ricerca e basato sull'interazione di diversi soggetti, in un rapporto paritario con gli utenti. L'attività della cooperativa è organizzata in vari progetti: i week-end residenziali, durante i quali si prepara il disabile a un distacco graduale dalla famiglia, per la costruzione di una propria vita autonoma, creando contesti di socializzazione e convivenza con altri; i Laboratori ( teatro, musica, nuoto, arti manuali, cucina, musicoterapia, ecc) finanziati dal Municipio, tenuti da professionisti e che si svolgono in luoghi diversi, non solo per disabili; attività di formazione e informazione alle famiglie.


Intervista a Emerenziana Dulisse, psicoterapeuta, neuropsicologa e dottore di ricerca in “Scienze neurologiche applicate alla disabilità”.

B: Che attività ha svolto con l'associazione Oltre, e con quali tipi di disabilità ha avuto a che fare?
E: Negli ultimi tempi abbiamo lavorato con un gruppo di pazienti autistici e con adulti con deficit mentali, quindi con soggetti per lo più autonomi. Purtroppo abbiamo difficoltà nel trovare degli operatori, anche perchè il rapporto adeguato tra disabile e operatori dovrebbe essere di 1:2, 1:3.

B: Come dovrebbe essere lo spazio di una sartoria per disabile? Quali attenzioni particolari bisogna avere nella progettazione?
E: Dovrebbero essere degli spazi molto illuminati. La letteratura clinica, infatti, dimostra che i disabili lavorano meglio con la luce naturale e in ambienti permeabili con l'esterno. Bisogna studiare gli ausili per i macchinari di lavoro, come ad esempio i telai, bisogna fare una valutazione ergonomica di tavoli, forbici, ecc, studiare l'altezza delle mensole, dei piani di lavoro, in genere considerando disabile per disabile. Devi valutare il livello di motricità degli utenti, se sia fine o grossolana.

B: C'è bisogno di “spazi clinici”?
E: Puoi pensare a un'infermeria, a uno spazio dove anche collaboratori esterni possano visitare o fare assistenza. E' indispensabile almeno una “sala di decompressione”, una stanza vuota, con pareti bianche e tappetini per terra, nella quale gli operatori possano portare il disabile che abbia una crisi per isolarlo e calmarlo, in un ambiente sicuro, dove non possa farsi del male.

B: Come immagina gli spazi ricreativi?

E: In genere ho potuto riscontrare una comune difficoltà di accessibilità dei centri per disabili. Gli utenti devono per forza essere accompagnati dalle famiglie, per cui è necessario pensare a degli spazi per gli accompagnatori, ai parcheggi, a zone di attesa, magari con connessione wi-fi, in modo che il parente possa portarsi da lavorare, possa tenersi occupato mentre aspetta, perchè altrimenti si corre il rischio che non accompagni più il disabile. 

Contesto come luogo

Ripropongo una tavola che ho già pubblicato nel blog, ma alla quale ho aggiunto una griglia, sintesi di tutte le giaciture suggerite dal luogo più prossimo (strade, edifici, ecc) riportate nella mia area di progetto in corrispondenza di punti fissi precisi.