Occhio
del riciclone
“Occhio
del riciclone” , nata nel 2003, è oggi un'organizzazione che
comprende una cooperativa e un gruppo di associazioni regionali, che
lavorano in vari campi: ricerca e comunicazione, moda e design,
educazione e animazione ambientali, creazione di reti a favore del
riutilizzo su scala e inclusione sociale. Comprende anche un Centro
di Ricerca che
si distingue per l’ideazione e la progettazione di modelli di
Gestione dei Rifiuti che integrano le Economie Popolari. Fa parte
della cooperativa anche l'attività del Laboratorio di Moda
sostenibile, che progetta capi e accessori a partire da scarti
tessili e di altra natura, e che lavora in sinergia con altre
cooperative sociali e laboratori artigianali romani. Frutto di questa
esperienza è la linea “Belt Bag”, che trasforma vecchie cinture
di sicurezza, banner pubblicitari e altri materiali post consumo in
borse e accessori. L'associazione, inoltre, mette in atto un'opera di
divulgazione e educazione al riuso creativo, con laboratori nelle
scuole, corsi di riuso sartoriale per adulti e laboratori manuali e
creativi.
(tratto
da http://www.occhiodelriciclone.com/, http://www.beltbag.it/ )
Intervista
a Francesca
Patania,
Presidente di Occhio del Riciclone Soc. Coop. Arl, e Carla,
architetto
socia della Cooperativa
B:
Come
descriverebbe i principi e l'operato della sua associazione?
F:
“Occhio del Riciclone” ad oggi è formata da due strutture:
l'associazione culturale e la cooperativa Occhio del Riciclone Italia
ONLUS, della quale mi occupo. Lo scopo della nostra attività è il
riuso creativo nell'ambito dell'arte e della moda, creando prodotti
che siano ecosostenibili e totalmente lavorati a Roma, quindi frutto
del “made in Italy”. Facciamo parte di una filiera di produzione,
lavorando in una rete con altre cooperative, cercando così di
mettere a sistema il lavoro e le competenze di soggetti diversi.
Attualmente è in corso un progetto rivolto a persone con disagio
psichico che già lavorano nei centri diurni delle ASL ma che non
hanno particolari abilità progettuali. Il nostro obiettivo è quello
di formarli, in modo da innalzare il livello di design, creando
occupazione attraverso un lavoro che sia utile sia dal punto di vista
sociale che ambientale, e dando dignità a persone con disagio,
facendo in modo che il prodotto del loro lavoro venga acquistato
principalmente perchè è bello e ben fatto, e non per beneficienza.
In questo modo si può aspirare a una doppia integrazione: quella del
materiale di scarto, che viene reintegrato nel processo produttivo e
economico, e quella delle persone disagiate nel mondo del lavoro.
B:
Dove
svolgete la vostra attività?
C:
La
sede dell'organizzazione si trova a Cinecittà, ma lavoriamo anche in
laboratori esterni, come quelli delle ASL. I Laboratori non si
svolgono in strutture nate appositamente per l'attività
dell'associazione ma in locali che ci ha dato il Comune.
B:
E'
un'attività economicamente redditizia? Avete incontrato difficoltà
o diffidenze?
F:
Sicuramente
oggi possiamo dire di sopravvivere. Bisogna avere una mentalità
imprenditoriale, bisogna capire che non si guadagna subito, che
all'inizio si lavora come apprendistato ma che poi, con l'attività
avviata, ci sono contratti regolari. Le diffidenze e le persone
contrarie si incontrano sempre, ma bisogna andare oltre per avere
delle soddisfazioni.
B:
Quante
e quali professionalità lavorano nei vostri laboratori?
F: Internamente ai laboratori lavorano
4-5 persone che si alternano, con turni di 4 ore al giorno. Poi
servono 1-2 persone che gestiscono il sito, che si occupano dei
flussi commerciali, del conto bancario, delle tasse, della
contabilità, e poi ci sono esperti di marketing e progettisti del
prodotto.
B:
Quali ambienti dovrebbero esserci in un centro di riciclo tessile?
C: Sicuramente dei Laboratori di
sartoria, il magazzino delle stoffe, l'aula per il taglio, quella con
i macchinari, quella per il confezionamento dei prodotti finiti, la
stanza per la progettazione, la stireria, e poi aree ristoro, spazi
aggregativi, ecc.
B:
Che tipo di spazio dovrebbe essere quello dei Laboratori?
F: Prima di tutto, per un lavoro che
sia sostenibile, è meglio avere più laboratori piccoli piuttosto
che uno grande e alienante. In un laboratorio, di circa 80 mq,
dovrebbero esserci 5 macchine da cucire, una per ogni lavoratore, 1
ferro da stiro, 1 grande tavolo da lavoro e scaffali. Gli spazi
devono essere adeguati per l'uso dei macchinari e devono avere grandi
finestre per far entrare la luce del sole. I soffitti dovrebbero
essere alti, anche per permettere di appendere e stendere le
produzioni.
B:
Come è organizzato il lavoro nella sartoria?
F: Beh, c'è la sarta principale che
fa i cartamodelli, poi ci sono le sarte subordinate e le apprendiste,
che si occupano della cucitura, dei tagli semplici, delle pulizie. Se
prevedi anche un negozio, devi considerare anche il personale che vi
fa dei turni, chi ne porta la contabilità (questo serve anche per i
singoli laboratori, in realtà).
B:
Quali altri ambienti servirebbero nel Centro?
F: Sicuramente gli uffici: quello per
il marketing, per la gestione della struttura, la segreteria,
l'accoglienza. Puoi pensarli di circa 25 mq. Poi devi considerare più
o meno 200 mq di magazzino, anche senza illuminazione diretta e con
scaffalature per lo stockaggio sia delle materie prime, prese da
aziende che producono scarti, che della merce prodotta finita, da
vendere. Se fa parte del tuo programma, poi, devi considerare anche
circa 100 mq di negozio.
B:
Che tipo di spazi ricreativi immagina?
F: Beh, ci sarebbe bisogno di una
mensa, di sale ricreative come, ad esempio, una sala informazione con
giornali e quotidiani; una libreria o una biblioteca, con, magari, un
archivio e libri usati, in modo da fare un recupero totale. Secondo
me sarebbe molto utile anche una palestra, perchè quello della
sartoria è un lavoro fisicamente usurante, soprattutto per persone
disabili, già molto deboli e fragili.
B:
Se avesse la possibilità investirebbe in un progetto del genere?
F: Nel tuo? Ma magari!